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Il termine "enigma" è definito dal Grande Dizionario della Lingua Italiana di Salvatore Battaglia "Componimento, breve e conciso, per lo più in forma poetica, col quale, sotto il velo di simboli, allegorie o metafore, si propone un concetto da indovinare, una soluzione discoprire, un mistero da svelare".

Il fine dell’enigma lo ha sinteticamente e poeticamente spiegato uno tra i più grandi autori contemporanei di enigmi, Favolino (al secolo, Mario Daniele), "Il fine dell’enigma è di nascondere il vero nella finzione delle parole, chiedendo di essere penetrato e disciolto nel momento stesso in cui si divincola e si difende, come in una schermaglia d’amore respinto".

Possiamo a ragione affermare che nel patrimonio culturale di molti popoli l’arte degli enigmi ha sempre occupato un posto di rilievo: dagli indovinelli della Bibbia all’enigma proposto dalla Sfinge a Edipo, dagli indovinelli della Principessa Turandot al Principe di Càlaf agli enigmi dell’antica Grecia; dai cento enigmi latini di un non meglio identificato Simposio (tra il IV e il V secolo) al cosiddetto "indovinello veronese", databile tra la fine del VII e l’inizio del IX secolo, importante anche perché è da considerarsi il primo documento in semivolgare della nostra letteratura.

L'enigma, nel corso dei secoli, ha avuto alcuni cambiamenti.

Agli inizi gli enigmi non erano un "gioco" (come diventarono in seguito) ma "sacrali", servivano cioè ai potenti - i re e i sacerdoti - da chiave di accesso e chi non riusciva a risolverli poteva anche rischiare la morte.

Quando invece l’enigma divenne solamente un "gioco", - e parliamo parliamo specificatamente dei secoli XVI, XVII e XVIII – assumendo anche il meno impegnativo nome di indovinello: l’oggetto che doveva essere indovinato era dall’autore definito in modo diretto, sia pure offuscato e velato con artifici e finzioni varie, quali anche le allegorie.

Invece, l’enigma moderno assume un’altra fisionomia. E’ basato sulla dilogia, cioè un discorso a doppio senso, uno apparente, l’altro reale. Lo studioso di enigmologia Giuseppe Aldo Rossi precisa che "sia il senso apparente (che sarebbe il primo livello di lettura) sia il senso reale (cioè quello di avvio alla soluzione, dei nostri enigmi constano di una forma e di un contenuto, con la peculiare, e singolare, caratteristica che le due forme (significanti) coincidono e che i due contenuti (significati) si diversificano; la tecnica è il collante che unisce il tutto".

Il XVI, il XVII e il XVIII senza ombra di dubbio possono essere definiti i secoli "d’oro" per l’enigma, che - da notare - si è sviluppato in massima parte in Toscana.

Questa manifestazione letteraria gode di larga simpatia fra alcuni letterati di quel tempo. Costoro non disdegnano di abbassare la penna famosa con la piacevolezza del verso, per scrivere enigmi in sonetti e in ottave, che non solo girano spassosamente per le mani di tutti, ma vengono letti e commentati anche nelle solenni tornate accademiche e nelle corti. Ne ricordiamo alcuni: Michelangelo Buonarroti il Giovane, col nome di Impastato, nell’Accademia della Crusca; Lorenzo Lippi, nell’Accademia dei Percossi , di cui ne fu anche il fondatore; Antonio Malatesti, col nome di Aminta Setajuolo prima e Amostante Latoni poi, nell’Accademia degli Apatisti.

E' importante notare che quasi tutti gli autori, seguendo la moda del tempo, infondono nei loro enigmi abbondanti vene di apparente licenziosità formale, sotto cui però si nascondono soggetti casti, e questo non perché volessero fare un’opera immorale ma solamente con l’intenzione di divertire e di rallegrare.

In proposito, nel Cortegiano di Baldassarre Castiglione si legge: " …[Nella Corte d’Urbino] talor si proponevano belle questioni, talor si facevano alcuni giochi ingeniosi ad arbitrio or de l’uno or de l’altro, nei quali sotto varii velami spesso scoprivano i circostanti allegoricamente i pensier su chi più a loro piaceva".

In questo intervento, nel ricordare gli autori di enimmi Angiolo Cenni, Antonio Malatesti, Giovanni Battista Taroni e Catone l’Uticense; non tralascio i nomi di Anton Francesco Grazzini detto il Lasca, Gian Francesco Straparola, Pietro Bembo, Girolamo Musici, Ludovico Valenti, Ascanio de’ Mori, Augusto Coltellini, Prospero Mandosi, Lorenzo Mattei.


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